Illustrazione realizzata da Harugraphic
Io e Kora
Piove, siamo oltre il quarantesimo giorno, ed a Firenze oggi tira un gran vento. Dalla finestra del mio salotto, affacciata sui colli di Fiesole, si alza una leggera nebbiolina dal fumo dei caminetti e dall’umidità del sottobosco che, nel frattempo, ignaro della quarantena pullula di vita. Sono da solo in questa lenta, strenua resistenza che cerca di contenere i danni causati dalla pandemia; non ci sono più coinquilini in questo grande appartamento. Di notte apro la finestra della mia camera da letto che invece si affaccia sulla ferrovia di Campo di Marte dove non passano più i treni, solo uno ogni tanto, quasi completamente vuoto, a spezzare il silenzio totale che emettono le mura di cemento e le strade di asfalto; è il silenzio dei camposanti è la pace di un gigantesco animale ferito, che è la nostra società, che deve riposarsi un po’ prima di poter ricominciare a correre. La terza settimana è stata la più difficile, ho compiuto 28 anni senza poter spegnere le candeline con le mie persone preferite, senza la loro compagnia, senza le loro facce, senza le loro voci. Ma ho un piccolo asso nella manica, che mentre scrivo dorme placidamente sul suo divano, Kora. Una bellissima femmina di pastore tedesco entrata nella mia vita 5 anni fa, sotto forma di un meraviglioso cucciolino puzzolente e agitatissimo. Avevo 23 anni e fu una scelta azzardata, una grossa responsabilità ed un gran dispendio di tempo che mi ha costretto a saltare un intero anno di università oltre a svariati eventi a cui i miei amici partecipavano tornando con valige di racconti ed aneddoti divertenti. Ma prendermi cura di Kora non mi è mai pesato, ho sempre pensato che dover per forza ritagliare quelle due ore al giorno per camminare in un oliveto, staccando dal folle tran tran della città, sia sempre stato un lusso tutto mio. Oggi scappo dalla città per fuggire il silenzio e la solitudine, le api e le rondini mi fanno compagnia, i prati fioriti ed il frusciare delle foglie mosse dal vento sostituiscono i clacson e gli ingorghi stradali. Kora corre dietro ai bombi, scava una buca e si rotola tra le margherite, le basta una vecchia pallina da tennis ciancicata e segnata da mille battaglie; le basta la mia amicizia e quell’ora d’aria per essere così felice da riuscire a contagiarmi quotidianamente, nonostante la mascherina ed il gel igienizzante.
Alla fine dei conti, è lei che si prende cura di me.
Racconto di Lorenzo
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